A Palermo da qualche giorno si è conclusa una tre giorni molto importante per il dibattito sulle pratiche culturali in tutto il Mezzogiorno. “Nuove Pratiche con il Sud” è il festival organizzato da CLAC, impresa culturale impegnata in progetti di comunità e valorizzazione territoriale, e dalla Fondazione Con il Sud, ente che si occupa di promuovere iniziative di coesione sociale nel meridione.
Abbiamo intervistato Cristina Alga di CLAC che ci ha parlato della manifestazione e delle richieste specifiche che sono emerse: dall’intervento del Ministro per i beni e e attività culturali Dario Franceschini alla necessità di fare da “cordone d’aiuto” per gli enti che si occupano di innovazione culturale.
Una chiacchierata che ci apre una finestra sulle pratiche che in altre parti d’Italia aprono spazi, coinvolgono il territorio, innovano la produzione culturale.
Come è andata questa prima edizione di “Nuove Pratiche con il Sud”?
Questa è stata un’edizione speciale di Nuove Prafiche Fest, il festival organizzato da Clac: è stato il risultato di un’unione tra la nostra esperienza e quella di Con il Sud, manifestazione che la Fondazione Con il Sud organizza ogni anno in una città diversa e che quest’anno si è tenuta nella città di Palermo.
Il filo conduttore che ha unito i tre temi (cultura, sociale e welfare) è stato l’utilizzo degli spazi del patrimonio pubblico: un tema trasversale che coinvolge tanto gli operatori culturali quanto la politica poiché riguarda il concetto stesso di valore sociale di uno spazio.
Abbiamo invitato il Ministro Franceschini perché volevamo un confronto in particolare sull’utilizzo degli spazi pubblici a fini culturali.
E’ un dibattito che si è già sollevato da un po’ in Italia grazie al bando della Fondazione con il Sud: un bando orientato agli aspetti culturali che restituisce alla collettività gli spazi pubblici inutilizzati, destinato alle non-profit.
Quale risposta avete avuto dal Ministro?
Nelle intenzioni positiva: promette di annunciare un nuovo decreto che permetterà a 10 beni “pilota” di essere gestiti da enti non-profit.
Questo decreto ancora non è stato letto da nessuno ma, dai rumors che aleggiano, sembra che ci sia qualcosa che non funziona, che non ci si emancipi dalla logica patrimoniale: all’associazione si richiede un investimento iniziale promettendo in cambio una compensazione sul canone da pagare…
Staremo a vedere, mi riservo di leggere attentamente il decreto prima di darne un giudizio.
Comunque, già l’essersi aperti alle associazioni non profit che operano in campo culturale é un primo passo avanti.
Ma qual è la situazione attuale? Chi sono oggi i soggetti autorizzati a gestire un bene pubblico inutilizzato?
Oggi esiste la possibilità di ricevere un bene in concessione: un ente privato può ricevere in concessione un bene pubblico che gestirà in autonomia, pagando un canone e realizzando le attività che desidera. Ovviamente, essendo dispendioso in termini economici, si tratterà quasi certamente un ente con ampie capacità di spesa e probabilemnte for profit: sono logiche che lasciano poco spazio a una valorizzazione culturale inclusiva del patrimonio.
Quali sono le istanze avanzate da Con Il Sud Fest?
L’idea parte dalla miriade di beni di cui l’Italia è piena e che possono avere un valore non soltanto turistico o economico bensì sociale e culturale. Anche partendo da quelli che vengono tristemente chiamati i beni minori, non vogliamo gestire il Colosseo… Quello che chiediamo è una terza via, una sperimentazione: non si tratta né di far gestire i beni al pubblico né al privato, ma di una collaborazione tra i due nell’ottica dei beni comuni.
Alcuni posti sono innegabilmente dei beni pubblici e come tali vanno gestiti. E’ in questa logica che abbiamo pensato l’Eco-museo del mare.
Parliamo del vostro progetto. A che punto è l’Eco-Museo del Mare?
Da un punto di vista di fruizione è a un buon punto: è aperto tutti i giorni, gratis, le scuole partecipano con le loro attività… Ma tutto questo non ha ancora una veste giuridica in Italia. E’ una sperimentazione: il comune ha aperto lo spazio e mette a disposizione il personale che ci lavora, ma tutto quello che c’è dentro è gestito da Clac.
In Italia questa cosa non esiste, non è ancora riconosciuta.
La formula che secondo noi potrebbe essere valida per riaprire gli spazi pubblici abbandonati e che è emersa durante il festival è una compartecipazione tra pubblico e privato. La partecipazione pubblica non é necessariamente un costo: ad esempio, in alcune regioni d’Italia il personale pubblico è in esubero, quindi ricollocarlo non rappresenta un costo aggiuntivo per la collettività… questo personale può essere impiegato per progetti di valorizzazione territoriale da parte delle non-profit.
E’ un do ut des: permette allo spazio vuoto di avere una connotazione sociale.
Quali esperienze sono emerse da Con il Sud Fest?
Tante di quelle selezionate dal bando storico artistico della fondazione Con il Sud.
Tra queste, la siciliana Borgo di dio che riguarda la riattivazione di un centro studi polivalente creato dal sociologo Danilo Dolci a Trappeto e Memoria Minerale in Puglia, a Mesagne: un progetto di riattivazione delle risorse del territorio a partire dal coinvolgimento degli abitanti e dalla ricerca sulla memoria.
Quale potrebbe essere l’evoluzione di questa tre giorni?
Secondo me questo genere di manifestazioni serve a due cose: sicuramente a tenere vivo un dibattito politico, in questo caso chiedendo nuove forme di partnership pubblico-private per la valorizzazione del patrimonio. E poi di fare da “soccorso rosso” tra gli operatori, una sorta di aiuto reciproco per conoscersi ma anche per fronteggiare le difficoltà di tutti i giorni…
Ad esempio, un impegno che ci siamo presi come CLAC è quello di preparare un toolkit di strumenti utili da condividere con associazioni e enti non profit.
Un commento a caldo sulla manifestazione?
A Palermo lo scorso week end abbiamo assistito a un’unione di due mondi: welfare e cultura che camminano insieme. La cultura non fa più solo cultura per se ma per un valore sociale superiore, con un occhio al territorio e allo sviluppo.